Sardegna, Punta Cucuttos, Gole di Gorropu, “Hotel Sopramonte”
Hotel Sopramonte
Le storie più belle iniziano sempre per caso… nel 1983 sono sbarcato per la prima volta in Sardegna alla fine del mio servizio militare; dopo diciotto mesi di navigazione finalmente potevo dedicarmi nuovamente alla roccia. Scalare e basta questo era la parola d’ordine. Il Supramonte in quegli anni era ancora parecchio selvaggio e l’arrampicata sarda era solamente agli inizi. Girando in moto per la Piana dell’Oddoene siamo capitati dalle parti del Monte Oddeu, dove un pastore, vedendoci arrampicare, ci ha invitato nel suo ovile a mangiare carasau e pecorino. Si sa, tra un goccio di cannonau e l’altro, la lingua si scioglie e il nostro nuovo amico ci dà informazioni per noi preziose: poco più avanti, dice, c’è una gola da dove esce un fiume con pareti altissime e di colore rosso e grigio. La curiosità s’impadronisce di noi, così il giorno dopo, ripresi dalla sbornia, andiamo verso il Gorropu. Questa è stato il mio primo incontro con il canyon più grande di Sardegna: mi ritrovai all’ingresso della poderosa gola con il naso all’insù. Metri e metri di pareti strapiombanti di roccia fantastica, un sogno vergine, incastonato nel Supramonte ma con un piccolo problema per allora: tutto era “Troppo”: troppo difficile, troppo strapiombante e troppo scarsi noi per poterlo affrontare.
1998, sono passati diciotto anni da allora. Il destino mi porta nuovamente là, con un compagno diverso ma che condivide la mia stessa visionaria pazzia di scalare in libera questa parete.
Passiamo quattro gironi in parete in compagnia delle rondini che ci girano intorno, inseguendo una linea di appigli all’apparenza invisibili ma che si svelavano ad ogni passaggio che provavamo, non cercavamo niente di nuovo, volevamo scalare in libera il più possibile.
Non sapevamo che questa via sarebbe diventata una delle più belle scalate sportive del mondo e a mano a mano che salivamo, ci sembrava perfino troppo difficile per le nostre capacità. L’abbiamo finita l’anno dopo e quasi increduli e con le dita bucate siamo riusciti anche a salire tutti i tiri in RP tranne un passaggio poi liberato da Pietro due anni dopo.
Riassumere in poche parole questa parete… forse è la sintesi della Sardegna verticale: selvaggia, perfetta, difficile….un sogno.
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